Medioevo e igiene: luogo comune da sfatare?

 

Sicuramente troviamo notizie contraddittorie in merito e, nel corso dei secoli medievali, la cultura del bagno subì una profonda trasformazione, anche perché si persero le conoscenze tecniche necessarie per costruire nuovi impianti di scarico e fognature.

Inoltre le autorità (in particolar modo quelle ecclesiastiche) e medici del tempo avevano pareri contrastanti riguardo all’uso dell’acqua per la pulizia del corpo, pareri che spesso erano negativi: per la religione cristiana il bagno era visto come una pratica peccaminosa di eccitazione dei sensi, per molti medici era una possibile causa di indebolimento fisico e predisposizione al contagio. La conseguenza fu che il tessuto sociale fu permeato dalla convinzione che l’acqua avesse effetti dannosi e addirittura portatrice di batteri e malattie.

Queste convinzioni si riflettevano sulla vita di tutti i giorni, anche se con grandi contraddizioni e differenze tra ceti, persino all’interno della stessa Chiesa.

La Chiesa Cristiana scoraggiava la pulizia: infatti, San Benedetto nel VI secolo imponeva: “A coloro che stanno bene e soprattutto ai giovani, il bagno sarà raramente permesso”.

Una curiosità: pare che un pellegrino cristiano del IV sec. d.C., a Gerusalemme, si vantasse di non essersi mai lavato il viso per ben 18 anni per evitare che andasse via il segno della Santa Croce del Battesimo, mentre San Girolamo rimproverava i suoi seguaci di essere troppo puliti.

Fu Gregorio Magno, primo monaco a diventare papa, abituato alla routine sanitaria monastica che permise il lavaggio del corpo alla domenica, con una raccomandazione rispetto alla durata del bagno: fino a quando non diventassero “Lusinghi del tempo”.

I monasteri medioevali, strutture diffusissime all’epoca, erano dotati di stanze adibite all’igiene personale e il bagno entrava nella routine di igiene dei monaci che, secondo la regola, non doveva essere trascurata. Esso doveva, però, essere fatto in pochi momenti nel corso dell’anno e sempre molto velocemente per evitare di attardarsi e sollazzarsi in abitudini goderecce. Anzi, accadeva piuttosto spesso che un bagno gelido fosse imposto come penitenza. Quanto alla pulizia delle mani, tutti gli ordini monastici avevano come regola quella di lavarsi le mani prima dei pasti nel lavatorium, una sorta di lavandino adiacente al refettorio, posizionato o contro un muro del chiostro con un lungo bacino in una trincea, o come edificio isolato con un bacino circolare o ottagonale al centro. Questi lavatorium erano dotati anche di un impianto idraulico ordinato: l’acqua era fornita attraverso tubi di piombo e a volte erano presenti rubinetti di bronzo. Il responsabile della pulizia del lavatoio era il refettorista, che aveva anche il compito di cambiare gli asciugamani (conservati in vicini armadi chiamati aumbries) due volte alla settimana.

Alle spalle del dormitorio ma collegati ad esso tramite un ponticello, c’era l’edificio delle latrine, che avevano sedute affiancate tra loro e separate solo da paretine, più per ragioni climatiche che per tutelare la riservatezza. Gli scarichi convogliavano verso un corso d’acqua, spesso deviato opportunamente dal suo percorso naturale.

Nei castelli e nelle corti medievali, per quanto la routine del bagno fosse meno rigorosa rispetto a quella nei monasteri, c’era una certa abitudine alla pulizia. Naturalmente non esistevano le toilette come le intendiamo oggi, ma ci si faceva il bagno in grosse tinozze riempite di acqua calda e petali di rose, dotate di uno sgabello e persino di una tavola, in modo che si potesse rimanere in ammollo mentre si lavorava o si faceva colazione. Del resto il bagno aveva una grande importanza per l’igiene personale, anche perché non c’era l’abitudine di cambiare spesso la biancheria personale.

Inoltre, spesso, vicino alle cucine si trovavano delle sale con acqua riscaldata per le damigelle che passavano il tempo socializzando mentre erano “a mollo”. Anche nei romanzi di cavalleria si trova spesso citata la buona norma di offrire un bagno caldo all’ospite giunto a corte stanco e impolverato; mentre, tra i doveri delle mogli, troviamo menzionato quello di preparare un bagno caldo al marito stanco dopo una giornata di duro lavoro e provvedere al suo cambio d’abito.

Durante il basso medioevo, nei castelli aristocratici (ma a poco a poco anche nelle abitazioni delle classi borghesi) si diffonde l’uso di catini ornamentali e brocche realizzate con materiali pregiati, che avevano anche una funzione ornamentale nei luoghi deputati alla convivialità o all’igiene della persona.

In locali separati, si venivano diffondendo anche i “lavatoria” destinati all’utilizzo dell’acqua in lavabi in pietra infissi al muro, di solito alimentati da serbatoi. In questo periodo troviamo anche i primi sistemi di riscaldamento sistematico dell’acqua, antesignani delle moderne caldaie.

I castelli erano anche dotati dei cosiddetti “guardaroba”, nicchie verticali che dall’esterno sembravano torrette lungo il perimetro del castello, dove ci si poteva sedere per svolgere i propri bisogni e che terminavano nel terreno o nel fossato circostante.

Nelle città si usavano dei vasi che giorno e notte venivano svuotati direttamente dalle finestra sulla pubblica strada trasformando così le cittadine in luoghi maleodoranti e in cattive condizioni igieniche. Nel XIII° sec. tale usanza venne regolamentata da severe leggi che stabilivano ore apposite (quelle notturne) e l’obbligo di urlare un avvertimento prima del lancio.

Intorno alla metà del 1100 in molti centri europei sorsero i “balnea”, ovvero bagni pubblici, strutture che ricordavano le terme romane, dotate di vasche e di stufe (simili alle nostre saune). Questi erano frequentati al puro scopo di mantenersi puliti e per allontanare le malattie, anche se, come abbiamo già visto, non mancavano pareri contrari, anche a causa del diffondersi di malattie, dovute alla promiscuità.

Certo non si può negare che in fatto di igiene, il Medioevo non fosse ricco di contraddizioni.